Abbiamo già parlato di come gli altri Paesi europei stanno gestendo la riapertura delle scuole, in pieno Covid-19. Ma cosa sta succedendo in Cina? Vediamolo insieme.
La “seconda ondata” del Covid-19 ha investito ormai tutta l’Europa e tutte le nazioni sono ricorse a nuove strategie anti-covid per le scuole.
La chiusura delle scuole ha avuto un impatto molto negativo sugli studenti. L’assenza delle lezioni in aula ha gravato molto sull’apprendimento e sulla formazione, soprattutto per gli studenti dall’infanzia alla secondaria. Per questo motivo riaprire le scuole, in sicurezza, è anche un dovere morale.
Ma cosa sta succedendo in Cina? Là dove tutto è iniziato, dove per primi hanno messo in quarantena un Paese intero, chiudendo i confini delle Regioni?
La riapertura delle Scuole in Cina
L’epicentro della pandemia, ad oggi, se la sta passando meglio di noi. In tutto oltre 2800 asili, scuole primarie e secondarie hanno riaperto i battenti, e circa 1,4 milioni di alunni sono tornati sui banchi di scuola.
Le raccomandazioni fatte agli studenti sono molto simili alle nostre, e votate alla prudenza: state a casa, non fate spostamenti inutili.
Le misure di contenimento su scala nazionale, però, sono state lievemente diverse da quelle italiane. Infatti, è stato attuato un controllo rigido e dirigista, tipico della Cina, che ha dato, però, i suoi frutti.
Innanzitutto, la scuola non si è riaperta per tutti: il governo di Xi Jinping ha scaglionato la ripresa delle lezioni, e in alcune Regioni le lezioni sono riprese solo da meno di un mese.
In alcune zone la riapertura era già in essere dallo scorso semestre: a Wuhan e Shanghai, ad esempio, gli istituti erano già tornati alla quasi-normalità a maggio.
Ci sono però delle zone tuttora considerate a rischio, e chiunque provenga da o abbia viaggiato in quelle aree deve consegnare l’esito di un tampone negativo, prima di rientrare in classe.
Riapertura delle Scuole in Cina: chi controlla?
Mentre in Italia molti insegnanti preposti alla sicurezza si stanno prendendo anche l’incarico di controllare le normative anti-Covid, in Cina il controllo è capillare: ogni insegnante è responsabile.
Quindi, sono gli insegnanti che, a turno, provano la febbre agli alunni, ogni mattina, e si preoccupano di isolare i casi critici.
Sempre i docenti si premurano che le classi non entrino in contatto l’una con l’altra, e che gli alunni mantengano la distanza di sicurezza tra di loro.
Quel che sorprende è l’assenza di obbligo di mascherina in molte regioni, giustificata dal numero basso di contagi. A Wuhan, ad esempio, l’obbligo vige solo all’interno del plesso scolastico e nei corridoi, ma non in aula.
Entrate scaglionate e piani di emergenza
Ma c’è di più. Sono stati sempre gli insegnanti a occuparsi di creare, con ogni studente, un percorso di apprendimento specifico, che porti ognuno a entrare in classe in un momento scaglionato, rispetto agli altri.
Alle scuole, insieme ai piani di emergenza, sono state anche ordinate misure istituzionali, per contenere il virus nelle scuole, se dovesse ri-verificarsi a livelli epidemici, come esercitazioni e sessioni di formazione in classe, per aiutare alunni e docenti ad esser pronti.
Inoltre, sono state intensificate le scorte di attrezzature, per il controllo delle malattie e i docenti devono fare costanti report, alle autorità sanitarie, sullo stato di salute della scuola.
Insomma, la scuola cinese è riaperta, ma vigile.
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