Da unico detentore delle corrette modalità di apprendimento, nel corso degli ultimi vent’anni, l’insegnante è diventato ben altro. Ma cosa è cambiato? Vediamo insieme come si è evoluta la figura dell’insegnante, nel tempo.
L’evoluzione della figura dell’insegnante si innesta su un retroterra culturale, in cui il principio di autorità della scuola ha, gradualmente, perso forza, rispetto al passato: l’insegnante, oggi, è chiamato ad essere più un accompagnatore, che un formatore verticale.
C’è anche un aspetto metodologico da considerare, se pensiamo al “nuovo” insegnante: il digitale ha messo fortemente in discussione le modalità di insegnamento scolastico. Infine, oggi, nella scuola di tutti i livelli, si parla molto più di competenze, che di nozioni. Ecco che la figura dell’insegnante si è dovuta necessariamente ri-modellare su questi tre aspetti.
La fine delle valutazioni numeriche alla scuola primaria, che erano state reintrodotte dal ministro Gelmini nel 2008, segue in realtà una tendenza più ampia verso un’idea di scuola che da nozione-centrica diventa persona-centrica.
La figura dell’insegnante è, più che mai, importante, perché una valutazione tarata sul singolo alunno è più faticosa e richiede maggiori competenze pedagogiche. Più semplice era seguire il programma, impartirlo con lezioni frontali e, infine, consegnare una valutazione numerica. Ad oggi, però, questo modello è inutilizzabile.
Oggi, l’insegnante è chiamato ad accompagnare l’alunno attraverso il percorso scolastico, spingendolo all’auto miglioramento costante e non al rispetto di uno standard (quale può essere quello dei voti numerici). Un obiettivo difficilissimo per gli insegnanti, ma necessario in questa società irrimediabilmente cambiata, rispetto al passato.
Nel bel mezzo di una transizione antropologica e culturale, che già stava cambiando la figura dell’insegnante, ci si è messa l’emergenza Covid. Ecco, che è diventata di primaria importanza la competenza digitale, che ha messo in luce, in molti casi, la scarsa formazione disponibile per i docenti, adeguatisi a forza (e in tempo ridotto) a un mondo completamente nuovo.
Da un giorno all’altro, i maestri si sono ritrovati a dover padroneggiare Classroom, Meet, Calendar e altre svariate applicazioni online, ma anche a dover riconoscere le fonti interdisciplinari più appetibili.
Possiamo dire, che la Didattica a Distanza sia stata una terapia d’urto, che ha obbligato la figura dell’insegnante ad evolversi e ad aggiornarsi alle nuove competenze digitali. Ricordiamo, però, che “competenze” era già una parola chiave nella scuola, anche prima della pandemia.
Si fa strada, infatti, la necessità di consegnare all’insegnante la responsabilità di creare un alunno competente, in grado di realizzare le proprie inclinazioni. Solo così, la figura dell’insegnante potrà accompagnare bambini e ragazzi, verso una collocazione serena, nel mondo degli adulti.
Allo stesso modo, cambia anche la figura del Maestro ai tempi dei Social. Quale bambino preferisce una spiegazione sulle moltiplicazioni in colonna, rispetto a un video divertente su TikTok? Certo, sono immersivi e offrono immagini estremamente stimolanti. Proprio per questo, l’insegnante può utilizzarli a proprio vantaggio, affiancondoli alle spiegazioni tradizionali.
Gli insegnanti, dopo i genitori, sono le persone che incidono maggiormente nella formazione di un giovane, riuscendo a stimolare la sua curiosità e ad accrescere le sue passioni e interessi. I docenti sono, in tutto e per tutto, il cuore pulsante della scuola. Per questo è nata la Festa degli insegnanti: per celebrare il ruolo importantissimo e di grande responsabilità che svolgono, nella crescita educativa e formativa dei bambini/ragazzi.
“Un cuore comprensivo è tutto, è un insegnante, e non può essere mai abbastanza stimato. Si guarda indietro apprezzando gli insegnanti brillanti, ma la gratitudine va a coloro che hanno toccato la nostra sensibilità umana. Il programma di studi è materia prima così tanto necessaria, ma il calore è l’elemento vitale per la pianta che cresce e per l’anima del bambino.”
Carl Gustav Jung
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