Nella Scuola post pandemica non basta l’adeguamento tecnologico, servono nuove prospettive. Quali scenari si prospettano, ora che le video-lezioni diventeranno, probabilmente, una costante?
Una soluzione d’emergenza non è, necessariamente, una soluzione o, perlomeno, questa è la considerazione che si può fare, osservando la didattica italiana, scossa dalla seconda ondata del virus. La chiusura di diverse strutture scolastiche ha messo in dubbio, il carattere episodico della didattica a distanza e ha alzato la posta in gioco, per i docenti italiani. Quali scenari si prospettano, ora che le videolezioni diventeranno probabilmente una costante?
Sicuramente, non è più possibile rispondere con l’incredibile creatività e professionalità, che gli insegnanti hanno già dimostrato, adeguandosi in tempo zero alle direttive di marzo 2020. Allora, si era in una fase sperimentale, in cui ogni mezzo era preso per buono, anche i gruppi Whatsapp. Si prendevano le misure con le nuove piattaforme, con le nuove soglie di attenzione, le nuove tempistiche di apprendimento, la multimedialità portata al suo massimo grado… Ora, la scuola italiana ne sa senz’altro di più, su cosa implica davvero la didattica a distanza.
Questa seconda chiusura, però, impone delle scelte più specifiche, rispetto al semplice adeguamento tecnologico. Delle scelte che rendano la videolezione una parte integrante del processo educativo. Perché non si può prescindere, nel rapporto insegnante-alunni, da una certa dose di flessibilità, ma allo stesso tempo non ci si può affidare unicamente all’andamento della curva del contagio.
Si può scegliere di prendere questo mutamento repentino e eterodiretto (chiusura e conseguente didattica a distanza), come un’occasione per riflettere. Quel che non si sente dire spesso è che i docenti già si interrogavano, su digitalizzazione e globalizzazione del mondo contemporaneo.
Era il 2008 quando i pedagogisti Palfrey e Gasser parlavano di un nuovo bivio per le scuole e per i sistemi educativi, in generale. La prima strada era rimanere saldi nell’idea tradizionale di competenza, tralasciando il mondo dei social; la seconda, abbracciare le nuove tecnologie e trasformarle in strumenti di apprendimento.
Quest’ultima ipotesi è stata profetica. Dalle videolezioni ai tutorial, ai film in lingua, ai progetti digitali, ogni studente italiano ha vissuto diverse evoluzioni tecnologiche. Tali esperienze sono differenziate in base al grado di apprendimento e alle specifiche della materia, ma anche in base alla sensibilità del docente.
Però diventa difficile creare un progetto educativo nazionale solo affidandosi alla libera iniziativa dell’insegnante, per quanto sia una componente fondamentale di qualsiasi processo educativo.
Non serve né demonizzare né santificare il digitale. Si tratta di dare una risposta, che parta dall’adeguamento tecnologico e dalla formazione specifica, ma che si interroghi anche su prospettive e gestione sul lungo termine.
Foto copertina di Julia M Cameron da Pexels
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