Uno dei modi per effettuare un pagamento è quello di pagare, accreditando le somme sul conto del destinatario: per farlo, occorre avere le coordinate Iban di quest’ultimo. Ma è sicuro dare il codice Iban? Vediamolo insieme.
Il codice Iban (acronimo che sta per International Bank Account Number) non è altro che il codice identificativo di un conto corrente, così come la targa lo è per un’auto, e serve per individuare inequivocabilmente un conto corrente. Grazie ad esso, è possibile effettuare pagamenti, a favore dell’intestatario del conto.
L’Iban è un codice alfanumerico, costituito da 27 caratteri, divisi in sei parti, così composto:
NB: La composizione del codice Iban, così come l’abbiamo descritta, è valida solo per i conti correnti bancari in Italia.
Grazie al codice Iban è possibile effettuare pagamenti a favore dell’intestatario del conto. Oltre a disporre bonifici, l’Iban ti permette anche di ricevere bonifici e accrediti, direttamente sul tuo conto, come lo stipendio e la pensione, e di effettuare la domiciliazione bancaria delle utenze, come le bollette di luce e gas, tramite Rid.
Il Rid (che sta per “rapporto interbancario diretto”) consiste in un modulo, con cui autorizziamo la nostra banca ad effettuare un pagamento periodico, in favore di un determinato soggetto, senza bisogno di successivi e specifici ordini. Il Rid deve essere firmato, espressamente, dal titolare del conto e consegnato alla banca.
Comunicare il proprio codice Iban non è rischioso, perché non è possibile addebitare spese o effettuare prelievi non autorizzati. Una banca, infatti, non può mai autorizzare un pagamento o un addebito a carico di un conto, con la semplice comunicazione dell’Iban. L’Iban consente soltanto di ricevere bonifici e accrediti (lo stipendio, la pensione) e consente la domiciliazione bancaria delle utenze.
In definitiva, possiamo dormire sonni tranquilli, nel momento in cui comunichiamo il nostro codice Iban, poichè con l’Iban, si può solo “dare” e non “prendere”. Pensate che, ci sono svariate società, che sono solite pubblicare il loro codice Iban addirittura sulla home page del loro sito, a dimostrazione che non c’è nulla da temere.
SEPA è l’acronimo che identifica la Single Euro Payments Area (l’Area unica dei pagamenti in euro), ovvero l’area nella quale i consumatori possono eseguire operazioni di pagamento in euro, verso altri paesi dell’area, con la stessa facilità e alle stesse condizioni previste, per le operazioni di pagamento nazionali.
In termini numerici, la SEPA riguarda 33 paesi (tutti i paesi dell’Unione Europea più l’Islanda, la Norvegia, il Liechtenstein, la Svizzera e il Principato di Monaco), per un totale di 513 milioni di cittadini e circa 9.200 istituzioni finanziarie.
In attuazione del Regolamento 260/2012 – che fissa le date ultime per il passaggio dai bonifici e dagli addebiti nazionali a quelli SEPA – la Banca d’Italia è stata designata come Autorità competente a presidiare, nel nostro Paese, la migrazione alla SEPA e la regolare applicazione del Regolamento.
L’abbattimento delle distanze geografiche e la maggiore automazione del ciclo di pagamento consentita dalla SEPA, facilitano la diffusione di servizi di pagamento innovativi, che possono essere innestati sui servizi di base del bonifico e dell’addebito diretto. In generale, il vantaggio è quello di facilitare e migliorare le condizioni generali di offerta dei servizi.
L’SDD è uno strumento di pagamento telematico, per disporre incassi all’interno dei paesi SEPA, che ha sostituito il servizio di RID nazionale:
Il cliente debitore ha diritto di opporsi all’operazione di addebito diretto, entro il giorno che precede la data di regolamento. Dopo tale data, il debitore – entro il termine di 8 settimane dall’esecuzione – può chiedere il rimborso di un’operazione di pagamento, riferita a un mandato validamente sottoscritto, qualora ricorrano entrambe le seguenti condizioni:
In ogni caso, il cliente debitore può chiedere il rimborso dell’operazione di addebito, qualora effettuata in assenza di un mandato valido (e cioè, non autorizzata dal cliente), entro il termine di 13 mesi dalla data di esecuzione dell’operazione.
Fonte: Banca d’Italia
Foto copertina di ThisIsEngineering da Pexels
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